La violenza contro le donne e l’ influenza di una certa visione androcentrica, il “parere” della prof. Dell'Osso

Prima di archiviare la giornata internazionale contro la violenza alle donne un “fronte scientifico” con chi il fenomeno lo studia da anni. Sui risvolti di un comportamento ad alto rischio il parere della professoressa Liliana Dell’Osso, direttore dell’Unità Operativa di Psichiatria I dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, è certamente utile.
«Intanto – dice la prof. Dell’Osso – c’è un’evidentisima influenza di una certa visione androcentrica della nostra società. In questa visione il satellite “donna” ruota attorno al pianeta “uomo”. In una società dominata dalla ginefobia (discriminazione del genere femminile che comporta violazione dei diritti umani in ambito pubblico e privato, maltrattamenti, violenza fisica e psicologica, disinteresse delle istituzioni, esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia), fenomeni di violenza di genere, quali lo stalking, lo stupro, il femminicidio, emergono come fenomeno strutturale. In tutto questo – aggiunge - la comorbidità tra lo stalking e le malattie psichiatriche è elevata. In un campione di 1005 stalker raccolto negli Usa ben la metà sono risultati affetti da disturbi mentali. Vorrei sottolineare che la chiave di volta per comprendere questo tipo di comportamenti è identificabile nell’assenza di relazione, nell’inaccessibilità alla dimensione dell’intimità e dello scambio emotivo. «Quello che porta lo stalker ad attuare comportamenti ossessivi e persecutori - è il parere della prof. di Bernalda, presente nella banca dati online con i profili di cento esperte nelle aree scientifiche, secondo il progetto “100 donne contro gli stereotipi “ -sarebbe l’impossibilità di instaurare una vera relazione con il partner. In questo senso lo stalking può rappresentare una spia della sindrome di Asperger, un disturbo dello spettro autistico caratterizzato dalla compromissione qualitativa dell’interazione sociale. I soggetti affetti da questa sindrome sono deficitari nelle abilità empatiche, per cui non riescono a capire le intenzioni altrui. Non riescono a decodificare, intuire, sentire, comprendere, condividere pensieri, sentimenti, emozioni e vissuti del prossimo e di rispondere in modo appropriato. Più frequentemente dei soggetti neurotipici intraprendono tentativi di approccio maldestri, credendo di essere ricambiati, seguendo, monitorando, insistendo, toccando in maniera inappropriata». “Tale disturbo presenta inoltre una larga sovrapposizione con la dimensione ossessivo-compulsiva, a cui appartiene la ruminazione ossessiva sentimentale dello stalker, centrata sulla vittima come obiettivo primario ed imprescindibile della propria esistenza, cui sono volti gli estenuanti tentativi di stabilire o ristabilire una relazione”. Proprio in questi giorni tra i tanti eventi dedicati alla giornata internazionale contro la violenza alle donne la Dell’Osso partecipa ad incontri per la presenza del suo ultimo libro "L’abisso negli occhi. Lo sguardo femminile nel mito e nell’arte”, appena pubblicato dalle Edizioni Ets e scritto insieme alla allieva-psichiatra Barbara Carpita. Ultima presentazione con la giornalista Carmen Lasorella. Il legame con il tema della violenza è molto stretto, a partire dal mito di Medusa, la cui sensualità viene punita dalla più mascolina dea Atena con la trasformazione-maledizione in mostro, esattamente come mostruosa diviene la donna che non si collochi in una posizione di chiara subordinazione alla figura maschile nella società patriarcale. Molte altre delle figure femminili "scomode" della mitologia e della letteratura antica, come le Baccanti o la tenebrosa Medea, condividono con Medusa il doppio ruolo di vittima (se non della violenza fisica, quantomeno dell'esclusione sociale) e di carnefice: uno schema che nel suo ripetersi manifesta il consolidarsi di un immaginario in cui la possibilità di una donna di esercitare un qualsivoglia potere è inevitabilmente associata a una dimensione di pericolosità, e che ha continuato a ripresentarsi nei millenni successivi, rendendo leciti e anzi incoraggiando gli atti di violenza. Dunque una fotografia femminile, molto intima, “dentro” lo sguardo delle donne, in grado di indagare con particolare sensibilità e con gli strumenti di chi, per professione, interpreta in chiave psicopatologica, gli sguardi di donne (e uomini). Ma se la diversità nell'uomo è maggiormente accettata, permettendo ad esempio l'associazione tra spettro autistico e genio, nella donna è condannata, al punto da renderla - passando per il trauma, per l'esclusione e per la stigmatizzazione - un mostro. Ed è forse in questo binomio di stigma culturale e psicopatologia non riconosciuta che si nasconde il segreto di Medusa. E allora, anche se non si conosce perfettamente Freud o Jung, sostenere uno sguardo è indice di coraggio perché la potenza dello sguardo supera di gran lunga quella di tante azioni o parole, e spesso in uno sguardo sono implicite verità così terribili, da sentirsi sprofondare in un abisso. Tanto più se quegli occhi sono gli occhi di una donna. E ai raggi x di Dell’Osso e Carpita persino gli occhi di Medusa diventano una sfida a continuare ad indagare e ad interpretare senza dare nulla per scontato anche con l'obiettivo di aiutare la donna vittima di violenza a “rinascere”.

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