QUANDO E’ BELLO IL CAMMINARE LENTO



Una bella passeggiata per Rionero fa scoprire conoscenze e di emozioni

di Maria Antonietta Chieppa*

Spesso ci lamentiamo che nei nostri paesi non c’è mai niente.  Ma proviamo, insieme, a sperimentare che accade camminando, in questo caso, per la mia Rionero, da Via Amendola a Via Marconi.  Camminando e senza fretta, per prima cosa lo sguardo si dilata anche per chi porta gli occhiali. Già, a pochi metri dall’avvio, il pericolo è imminente con un’auto che da dietro sorpassa e si immette in una via con divieto di accesso. La prima reazione è di sorpresa per chi, non rispettando le regole, mette a rischio il suo prossimo.  Ancora più cauta mi porto sul marciapiede vicino a un giardino. Una noce verde cade dall’albero.  E con essa un pensiero. Similmente l’uomo deve cadere per trovare quel che non ha ancora?
Così la camminata sotto il sole caldo d’estate porta il pensiero a prodursi in altri pensieri con una certa libertà e senza rigore, frattanto che qualcuno in macchina suona per salutare. Ora appaiono le strisce, oh! finalmente le belle strisce bianche pedonali, tappeto ambito dai pedoni. Ma odiato dagli autisti che non sempre vogliono fermarsi. Così agito le mani per far capire che sto passando. Non si sa mai con questo traffico mattutino e domenicale verso i Laghi di Monticchio.  Dunque attraverso.  Arrivo davanti all’ex casa cantoniere: Casa Famiglia, l’associazione Airo ne ha fatto un luogo di ospitalità per parenti e degenti del Crob. Saluto un uomo che sta uscendo. E penso a quel che sta vivendo, a quanto è importante che ci sia un posto che dia loro accoglienza. Il pensiero si fa riflessione sulla parola “solidarietà” per un vivere civile e di umanità. Intanto, passando vicino a una fila di alberi, arrivo al Piano Regolatore, davanti alla scuola primaria, che dopo il crollo di una parete costringe il neo sindaco a trovare una sede alternativa. Giro verso la colonnina della Madonnina, di fronte un circolo ricreastivo, salgo per via Umberto I. Le porte, ed anche finestre e balconi, si susseguono sulla via diritta. Gerani e altri fiori li abbelliscono. Su un muro un’epigrafe ”COMUNE DI RIONERO IN VULTURE/ MANDAMENTO DI RIONERO/COLLEGI ELETTORALI DI MELFI/CIRCONDARIO DI MELFI/PROVINCIA DI BASILICATA”. Nessun passante. Molte le auto parcheggiate. Un’agenzia chiusa.  Solo una vecchietta sta su un ballatoio. Vorrei fotografarla. Ma mi fermo che la vecchietta non vuole ed entra in casa. Già so che teme il furto della sua anima.  Continuo rasentando il locale di una parrucchiera, un minimarket, un negozio di articoli vari e arrivo davanti al Palazzo Catena del XVII. Un tempo ha ospitato viaggiatori stranieri, allietati anche dal pianoforte e dal canto della padrona  di casa. Ora, in vendita.  Vado oltre, saluto un vecchio seduto all’ombra, e arrivo al punto in cui una camionetta di soldati americani, o per i freni rotti o perché ubriaco l’autista, attraversò a tutta velocità la processione dell’ottava di pasqua, 8 aprile 1945, e andò a sbattere su un muretto. Scaraventò oltre un bimbo di due anni e mezzo, ferì il fratellino e staccò dalle braccia della madre una bimba di un anno e sette mesi, che morì. Tragedia del passato. Memoria obbligata.  Continuando a salire passo davanti a un negozio di un mercatino inagibile, a un outlet e subito dopo appare un grande e solitario albero verde, ma più bello d’inverno con i suoi rami nudi levati al cielo. Di fronte la macelleria. Poi un negozio per uffici.  A seguire, su lato opposta una latteria. Tutti chiusi. Un ragazzino biondo rumeno mi sorpassa. Oltre mi accolgono delle voci di ragazzi da un garage divenuto, per iniziativa di Victor, ritrovo con i suoi compagni e di un cane pastore nero.  Giro lo sguardo e saluto una coppia di anziani seduta sul gradino di fronte.  Con i vecchi il saluto è omaggio al loro tempo ricco di storie. Questa volta, il caro vecchio zi’ Michel’, più giovane dei giovani, mi sorprende. Si alza, va verso la sua macchina e dice: “Ho una cosa per te”. E tira fuori un cono di foglie. Dentro le more. More grandi e nere. E me le regala. Oh, che emozione! Un dono così semplice che racchiude tanti sensi. Generosità .Tradizione. Campagna. Natura. A questo punto, ancora emozionata, mi rendo conto che la camminata è stata come un viaggio che mi ha fatto approdare a un punto in cui la storia di una comunità diventa visibile nel volto di un vecchio. Lui, davanti alla sua porta, è ancora un senso per vicinato, strada, saluto, chiacchiera, lentezza, leggerezza, dono, storie. In questo momento non c’è nulla dei non “ luoghi “ e della società “liquida” dei sociologi. Qui c’è ancora il sapore della Vita vera. Ecco cosa s’impara camminando. E l’estate è il tempo ideale per lasciarsi guidare dai propri piedi. Allora, un invito per tutti. Uscite da casa. Con neanche 1500 passi potete viaggiare, mutando cuore e mente in pochi minuti.  Provateci. Si possono trovare sempre delle more. Mia madre novantenne, gustandole, ha ricordato un detto popolare: “Chi sta fermo secca, chi cammina lecca!”

                                                                      
   *Movimento “Scopri i piedi

Commenti

  1. Signori grazie per la pubblicazione di queste bellissime fantasiose descrizioni,
    voi non potete immaginare quanti ricordi fate rivivere a chi ha avuto la sfortuna
    di dover abbandonare tutti gli affetti cari e cercare fortuna altrove perchè questa bellissima terra ci ha negato di sognare il futuro.
    meravigliosa terra per molti è stata matrigna.Non ci ha fatto sognare un domani migliore.

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