CONFARTIGIANATO: AL 2020 FABBISOGNO DI CIRCA 267MILA ARTIGIANI SPECIALIZZATI

L'Unioncamere prevede al 2020 un fabbisogno di 266.600 artigiani specializzati di cui almeno il 40% al Sud. Ne tengano conto innanzitutto le Regioni del Sud che devono avviare i programmi Fse 2014-2020. Lo afferma Rosa Gentile, vice presidente nazionale Confartigianato con delega al Mezzogiorno riferendo che in dettaglio Unioncamere calcola il fabbisogno in 98.700 artigiani
specializzati in edilizia, 93.700 nell'industria elettrica-elettronica, 74.200 in altre specializzazioni.
Ci sono poi altri settori, quali il benessere e cura della persona, i servizi, l'agroalimentare che coinvolge figure professionali di artigiani anch'essi da formare per altre decine di migliaia di unità. A ciò si aggiunga che l’Ufficio studi di Confartigianato nella nostra regione ritiene che il 21% di microimprese sono interessate dal passaggio generazionale entro il 2017 (cioè 1.065 realtà). Un dato che colloca la Basilicata al terzo posto nella graduatoria regionale. «Fase delicata nella vita di un’impresa, il passaggio generazionale è caratterizzato soprattutto da trasmissione di competenze, capitale umano e know how, valori fondamentali nel settore artigiano e della microimpresa – aggiunge Gentile – ed è accompagnato da nuove opportunità di crescita per la struttura imprenditoriale, date dall’ingresso di risorse giovani, in molti casi più propense all’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’innovazione». «Questi numeri importanti – continua – evidenziano la necessità di porre in essere azioni di accompagnamento ed assistenza nella prossima programmazione europea gestita dalla Regione Basilicata come da tutte le altre del Sud dove è più alto il rischio di disperdere un grande patrimonio di professionalità ed è perciò più importante aiutare le giovani generazione a subentrare nell’impresa esistente e contestualmente ad investire nell'innovazione. Si tenga conto – afferma la dirigente nazionale di Confartigianato -che i costi per le attività di ricerca e sviluppo, spesso troppo elevati, bloccano gli imprenditori che, nello stesso tempo, non sempre riescono ad entrare nei dettagli dei trend tecnologici, ad aggiornarsi rapidamente e a formarsi una cultura manageriale adatta alle sfide dell’innovazione. Ecco perché si deve partire dalla cultura per poi passare alla formazione e ai luoghi dove la teoria si trasformi in pratica. Nelle imprese che già utilizzano le nuove tecnologie si è registrata una crescita di ricavi del 3% all’anno, i costi si riducono del 4% all’anno e la crescita dell’efficienza arriva ad un +4% all’anno. Serve più che mai una piattaforma per l’interazione sul tema del digitale e per far crescere la competitività delle imprese. Un’opportunità per orientarsi con contenuti innovativi e all’avanguardia sui mercati esteri e che sappia dialogare con università, centri di ricerca, istituzioni, fornitori di tecnologie, erogatori di servizi finanziari, associazioni e imprese. Un luogo in cui “la produzione digitale” deve essere una sorta di commodity, come l’energia elettrica, e in cui si assiste alla personalizzazione massima della produzione manifatturiera. É proprio sullo sviluppo della dotazione del capitale umano delle imprese artigiane che si innescano i processi di trasmissione delle conoscenze resa possibile dal passaggio generazionale nelle imprese familiari e dai processi formativi on the job – sottolinea la Confartigianato -. Un vettore di rilievo nella trasmissione di competenze, know how e capitale umano nelle imprese è rappresentato dal passaggio generazionale, fase critica nell’’economia delle imprese, che espone la struttura produttiva da un lato al pericolo di una perdita del patrimonio imprenditoriale, di occupazione e di conoscenze, e dall’altro alle opportunità connesse con l’’ingresso in azienda di risorse più giovani, maggiormente scolarizzate, con una più alta propensione all’utilizzo delle tecnologie e con una maggiore vocazione al rischio e all’’innovazione. Confartigianato – afferma Gentile – ritiene strategico avvicinare i giovani al “saper fare” tramite percorsi di formazione “learning by doing” in azienda: la formazione ‘sul campo’ comprende, all’interno dell’attività lavorativa, l’’affiancamento del titolare, dei suoi collaboratori o dei dipendenti al nuovo assunto al fine di trasferire conoscenze e sviluppare capacità utili per l’esercizio delle attività in azienda.

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