Un ricordo del noto personaggio rionerese nel decennale della sua morte

ENRICO BRIENZA, Il SIMPATICO MACCHIETTISTA

L’impareggiabile comico rionerese ha fatto ridere e divertire intere generazioni.
di Michele Traficante

Vi sono personaggi che, per le loro azioni e comportamenti lasciano il segno nella comunità in cui sono vissuti e che il tempo non cancella.
Chi non ricorda, almeno fra i rioneresi un po’ avanti con gli anni, anche con un pizzico di nostalgia, Enrico Brienza, più noto come “Ricuccio Calosc”? Faceva ridire e divertire tutti, quando, col suo faccione rubicondo e con una mimica eccezionale si lanciava a recitare macchiette e “strofette a doppio senso”. Vogliamo ricordarlo nel decennale della sua morte.
Ricuccio Calosc’ aveva l’ilarità stampata in fronte con una innata versatilità recitativa.


Enrico Brienza, nato a Rionero in Vulture il 14 febbraio 1920, da piccolo aiutava il padre Carmine, provetto artigiano specialista in serrature di ferro, nella fuligginosa bottega. Ma ciò non gli impediva di “allestire” con alcuni compagni di gioco improvvisati palchetti con strisce di legno e, per siparietto un lenzuolo, con qualche sedia, per improvvisare spettacolini che tanto divertivano ragazzi e ragazze del quartiere.Il teatro gli piaceva tanto, non si perdeva nessuno spettacolo delle tante compagnie teatrali e riviste di avanspettacolo che facevano tappe nella città del Vulture.
Un giorno decise di aggregarsi ad una di esse, proveniente da Napoli, e raggiunse la città partenopea. Papà Carmine, saputo della sua fuga artistica, andò a rintracciarlo e a riportarlo, fra mille rimproveri e qualche scappellotto, nel “natio borgo selvaggio”.
Col passare degli anni, ormai giovanetto, Enrico incomincia ad organizzare, nel periodo di carnevale, gruppi mascherati con suonatori di chitarre e mandolini che giravano per le strade del paese, visitando le famiglie benestanti e racimolare qualche soldo.
 Nel gruppo Ricucc’era la “star” per la comicità che caratterizzava le sue performance. Fisico corpulento, viso rubicondo, fronte alta, in testa pochi capelli, braccia e gambe piuttosto robuste, l’immancabile bombetta, movenze e mimica ineguagliabili.Tutto per spingere all’ilarità e al buonumore.
Nel 1939 per Enrico arriva il tempo della naia e, come tanti altri giovani, parte sotto le armi.Viene aggregato al Comando Truppe in Albania e qui il giovane Ricuccio Calosc’, soldato esemplare, mette a frutto le sue innate doti di teatrante.Nella Rivista “Vicino alle stelle”, rappresentata diverse volte a Scutari, Elbason, Tirana, Porto Elda per il reggimento italiano, il macchiettista rionerese dimostrò tutta la sua bravura come comico, tanto da ricevere il permesso dai suoi superiori a continuare ad esibirsi per tenere alto il morale dei soldati italiani. Suoi pezzi forti erano le riuscitissime macchiette di matrice petrolinana come “Fortunello”, “Salamini” e quelle di stampo napoletano “Ciccio Formaggio”, “Agata”, “Carlo Mazza”. Fece ancora parte della Rivista, allestita nel campo di prigionia a Kruja, dal titolo “Mamma tornerò”.
E’ tornato in Italia nel 1944, dopo la caduta del fascismo.
Nel 1948 sposa la 25enne Eugenia Bocchetti da cui ha avuto quattro figli; due maschi e due femmine.
Enrico Brienza è stato anche apprezzato organista della chiesa dell’Annunziata di Rionero per ben 35 anni, coordinando i cantori nelle varie feste parrocchiali.
Memorabile ed applauditissima la sua esibizione, avvenuta nel 1957, con il circo “Carovana Bianca” durante la sosta a Rionero in Vulture, nell’esilarante personaggio dell’Ubriaco e poi di Ciccio Formaggio e nei duetti preparati con la prima donna del

circo all’ultimo momento, come “La scommessa” e “La camicia” che ebbero
addirittura alcuni minuti di applausi accompagnati dalle grida euforiche di Bravo, bravo!Bis, bis…!
“Le sue imitazioni e gag - scrive Rino Corona nel suo pregevole volume”Il teatro a Rionero- Maschere e tradizioni. Dall’Unità d’Italia ai giorni nostri”-, le battute, le barzellette furono accolte con la consapevolezza di trovarsi davanti ad un vero artista, ad un caratterista che non si discostava molto dagli acclamati Renato Rascel, Erminio Macario, Nino Taranto, famosi in tutta Italia. Le macchiette di Ricuccio Calosc’, le sue parodie, le battute spiritose, i dialoghi comici e gli sketches di cabaret furono visti come modello fantastico di comicità e di fantasia, sempre apprezzato da ragazzi, fanciulle, donne, uomini e dalle famiglie visitate dal suo gruppo mascherato nei giorni di carnevale”.
Ricuccio ha continuato a recitare fino al 1973/74 con quel faccione colorato, come un clown, sormontato da due ciuffetti di capelli alle tempie e svolse nello stesso tempo, il ruolo di attore-guida e regista per i ragazzi dell’azione cattolica che apprezzavano molto le sue capacità e l’estro artistico.
E ha fatto scuola Ricuccio Calosc’. Dei suoi consigli ed insegnamenti hanno fatto tesoro i vari Rino Corona, Lillino Covelli e altri, che hanno continuato, con grande successo, la tradizione di provetti teatranti e cabarettisti applauditi non solo nella nostra regione ma anche nel resto d’Italia e all’estero
Il simpatico macchiettista, reduce dall’Albania, ottenne il posto di bidello presso la scuola media “Michele Granata”, appena fondata dal preside Enzo Cervellino, ove prestò ininterrotto servizio fino al pensionamento avvenuto nel 1978, restando, però, nel cuore e nella mente dei tantissimi alunni della scuola. Anche noi, studentelli della scuola media Granata, ricordiamo, quando alla fine di ogni ora di lezione si apriva la porta dell’aula e sporgeva la testa pelata e il faccione di Ricuccio che pronunciava, con voce stentorea, la parola “finis”. Immediatamente il professore di turno raccoglieva le sue carte disposte sulla cattedra e andava via per dare il cambio al collega.
Tutti ricordiamo la sua simpatica figura di bidello dalla grande umanità e generosità.
Ricuccio negli ultimi anni aveva preferito starsene dietro le quinte, vivere da semplice pensionato ma sempre interessato al teatro e all’attività dei suoi allievi, colonne della oramai affermatissima Compagnia teatrale “Gruppo 8” che per oltre venti anni è rimasto  in attività con risultati apprezzabili sia in campo locale, regionale, nazionale che internazionale.
Nel 1981 gli è stata conferita l’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica.

Il caro Enrico è morto il 17 luglio 2006 a Roma, ove viveva con la figlia Erminia e il figlio sacerdote don Carmine Brienza. 

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