Un ricordo nel 40° anniversario
della morte. Il suo palazzo è in grave stato di degrado
Discepolo di G. Fortunato fu insigne storico e senatore della Repubblica.
di Michele Traficante
“ Uscito dalla scuola ideale di Giustino
Fortunato, rivolse la sua attenzione di storico all’analisi delle strutture
economiche, sociali e finanziarie del Mezzogiorno d’Italia” (Giovanni Caserta).
Raffaele Ciasca nacque a Rionero in Vulture il 26 maggio
1888 da Antonio e da Maria Donata Vucci. Era, la sua, famiglia modesta. Il
padre, di origini contadine, aveva un avviato commercio di legname che
trasformava in carbone vegetale. Famiglia fortemente legata alle tradizioni,
profondamente religiosa, lavoratrice indefessa, patriarcale.
Raffaele
frequentò, dopo le elementari, il seminario di Ascoli Satriano (Foggia) e
conseguì la licenza liceale presso il Ginnasio-Liceo “Salvator Rosa” di
Potenza. Per la sua viva intelligenza e la passione per lo studio, fu subito
notato dal senatore Giustino Fortunato che lo ebbe sempre caro e lo indirizzò
amorevolmente verso studi impegnativi e di grande respiro. Così il giovane
Raffaele Ciasca, “Raffaeluccio”, come amava chiamarlo don Giustino, frequentò
con profitto l’Università di Napoli e poi passò all’Istituto Superiore di
Firenze ove si laureò brillantemente con la tesi: ”L’origine del programma per
l’opinione nazionale italiana del 1847-48” ,
pubblicata nel 1916.
Opera poderosa, questa, che rimane tra i lavori di maggior
interesse. Antonio Gramsci dal carcere, il 9 dicembre 1926, scrisse alla moglie
Tatiana, chiedendo l’invio proprio questa poderosa opera dello storico di
Rionero. Ciasca fu uomo di grande cultura, ricercatore appassionato, studioso
profondo della storia del Mezzogiorno, sul quale aveva lungamente meditato,
facendo tesoro degli insegnamenti di Giustino Fortunato e di Gaetano Salvemini.
Ebbe come compagna di vita Carolina Rispoli (1893- 1991), letterata e
scrittrice di Melfi, definita la “Matilde Serao della Basilicata”. Si può dire
che l’esistenza di Raffaele Ciasca, il suo modo di fare cultura, può
racchiudersi nella massima di André Gilde: ”…porre la propria ambizione non già
nel comandare, ma nel servire”. E la vita di Ciasca fu tutta dedicata a
servizio della cultura, dello studio della sua terra, delle lotte contadine per
il possesso della terra e il conseguimento di migliori condizioni di vita.
Frutto di questi studi e ricerche, che spaziarono per quasi un cinquantennio, è
la vastissima produzione di opere di cui citiamo alcune: “Il mezzogiorno
d’Italia, anteriore alla Monarchia”, “Per la storia delle classi sociali nelle
province meridionali”, “I fiorentini nella zona del Vulture”, “Riforme agrarie
antiche e moderne”, “Il problema agrario in Basilicata”, “ La lotta per la
proprietà della terra”, “Il congresso mariano a Rionero in Vulture”, “ Giustino
Fortunato intimo”.
Nel 1911, in
occasione del primo centenario dell’elevazione di Rionero a comune autonomo,
pronunciò un discorso che ebbe vasta risonanza per l’accuratezza della ricerca
storica sulle vicende della gente del Vulture. Durante la prima guerra mondiale
fu ufficiale di Artiglieria e combattè sull’altipiano di Asiago; fu decorato di
Croce di Guerra al V.M. Notoriamente antifascista, firmatario dei manifesti
Croce e Salvemini, di protesta degli intellettuali dopo il delitto Matteotti,
rimase a Cagliari sette anni, lasciando alla Sardegna uno strumento di lavoro
inestimabile: la grande “Bibliografia sarda”. Dopo l’ultima guerra fu
eletto senatore della repubblica nel Collegio di Melfi per la Democrazia Cristiana e rieletto
senatore nel 1953 nella stessa circoscrizione. Ciasca fu uomo di grande
signorilità, dalla squisita gentilezza del tatto, dalla sconfinata modestia, dalla semplicità dei
modi. A distanza di oltre un trentennio dalla sua scomparsa (morì a Roma il 18
luglio 1975) i lucani, la zona del
Vulture e Rionero in particolare non devono dimenticare
l’impegno e l’azione del sen. Ciasca. La città fortunatiana, lo ricordiamo,
assurse ad importante centro di studi grazie proprio all’opera del sen. Ciasca,
suo illustre figlio. Infatti, a lui si deve l’istituzione della scuola media
“Michele Granata”, del Liceo Ginnasio, dell’Istituto magistrale “Giustino
Fortunato”, della Scuola Magistrale Statale (quella di Rionero era allora una
delle otto esistenti in Italia). Ciasca insegnò in diverse università italiane
(Messina, Cagliari, Genova, Roma), fu presidente dell’Istituto per L’Oriente
del Centro Italo-Arabo, da lui fondato nel 1952. Nel 1958 fu nominato
Presidente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione: Fu tra i
professori “benemeriti” dell’Università di Roma, Medaglia d’Oro per la Cultura , Accademico dell’Accademia
dei Lincei. Per molti anni fu Presidente dell’Istituto Storico nazionale per
l’Età moderna e contemporanea.
Dopo la morte di
Angelo Ciasca, fratello del senatore e della consorte, deceduti senza figli, il
palazzo cui vissero tutta la vita rimase disabitato. I nipoti, figli di
Raffaele Ciasca e della signora Carolina Rispoli, da tempo si sono trasferiti a
Roma. Il Comune di Rionero in Vulture lo prese in fitto per sistemarvi alcune
classi della locale scuola media”Michele Granata” e a tale scopo rimase fino al
23 novembre 1980, quando, in seguito ai gravi danni riportati dal tremendo
terremoto, risultò del tutto inagibile e bisognoso di grossi interventi di
consolidamento e di ristrutturazione. Ne nacque una controversia fra gli eredi
Ciasca e il comune di Rionero. S’intervenne allora con una copertura di
emergenza del tetto che non eliminò del tutto l’infiltrazione dell’acqua e della
neve, causando ulteriore degrado dell’edificio. Rimase così, in tale stato di
abbandono, per anni, esposto alle intemperie, con continue infiltrazioni di
acqua e di neve, Sicché il fabbricato ha subito gravissimi danni, e quello che
non ha potuto la furia del terremoto, lo ha arrecato l’incuria degli uomini. Si
pensò allora all’acquisto da parte del Comune dell’intero palazzo, riconosciuto
d’interesse storico- urbanistico.
Sfruttando
il “diritto di prelazione” acquisito dal Comune di Rionero,
l’allora commissario prefettizio Francesco Maioli Scanderbeg nel
2005 lo strappò a una ditta di costruzioni che intendeva ristrutturarlo per
farne delle abitazioni e locali commerciali.
Entrato
nella disponibilità comunale e posto immediatamente sotto la tutela della
Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed
Etnoantropologici della Provincia di Potenza, il Palazzo gentilizio necessitava
da anni, come dimostrano le numerose segnalazioni acquisite dalla Polizia
Municipale, di una messa in sicurezza generale.
I lavori di ristrutturazione sono stati stimati in circa 2,5/3
milioni di euro: una cifra irragionevole in tempi di crisi economica.
E così oggi, a
distanza di 35 anni dal terremoto, l’immobile pare del tutto irrecuperabile e,
quello che è peggio, continua a costituire un grave pericolo per la pubblica
incolumità. Tanto che il Comune ha ritenuto
indispensabile prendere provvedimenti per evitare pericoli per i passanti. Si
è, infatti, provveduto alla rimozione dei cornicioni e delle parti pericolanti,
alla sistemazione e alla chiusura delle finestre del Palazzo stesso. Come
finirà? Intanto il palazzo cade a pezzi.
Dopo la morte di Carolina Rispoli (1991) e dei figli di
quest’ultima, Eugenio (1998) e Antonia (2001) resta vivente solo Amalia,
purtroppo in non buone condizioni di salute, dello storico palazzo di Rionero e
della sua memoria storica che ne sarà? Ogni volta che lo si guarda in questo
stato pietoso di abbandono, ci piange il cuore.
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