“Chiese,
confraternite e sacerdoti” della città del Vulture.
di Michele Traficante
La pietà popolare si esprime con la profonda
religiosità nella quale, spesso, s’identifica una comunità. Essa è molto più
radicata nel Mezzogiorno d’Italia in quanto si tramanda nel tempo di
generazione in generazione, pur con le inevitabili modificazioni dovute
all’evolversi delle condizioni sociali ed economiche.
Sono riti profondamente radicati nella cultura popolare e anche per questo consentono un approccio meno formale e meno intellettuale alla religione. Incarnano la spiritualità profonda della gente più umile e avendo radici popolari, sono spesso legati alla natura, alla terra e al trascorrere delle stagioni.
Sono riti profondamente radicati nella cultura popolare e anche per questo consentono un approccio meno formale e meno intellettuale alla religione. Incarnano la spiritualità profonda della gente più umile e avendo radici popolari, sono spesso legati alla natura, alla terra e al trascorrere delle stagioni.
La storia di una comunità, particolarmente
nel Mezzogiorno d’Italia, è intimamente legata alla presenza ed evoluzione di
istituzioni religiose. In effetti, il suo sviluppo sociale, economico e
culturale segue (e a volte è condizionata) dall’evoluzione delle strutture
ecclesiastiche del luogo. Come pure il sentire religioso della popolazione può
determinare l’accrescimento e la stasi delle pratiche inerenti ai luoghi di
culto (chiese, conventi e istituti religiosi in genere).
In quest’ottica e visione storico-religiosa
della comunità rionerese, s’inserisce (e si giustifica) il notevole sforzo di
ricerca dell’amico Leo Vitale con la recente pubblicazione del pregevole volume
dal titolo significativo Il Sacro a
Rionero - Chiese, confraternite, Istituti religiosi e clero, Tipograf, snc
di Ottaviano Beniamino e Loredana, Rionero in Vulture, Aprile 2015, pagine 243,
con numerose foto in b/n.
In verità, il prof. Leo Vitale non è nuovo
in quest’attività di ricerca storica, in particolare sugli aspetti religiosi e
linguistici di Rionero, suo paese di adozione. Infatti, ha già pubblicato: Dizionario del dialetto rionerese (2003)
e nello stesso anno l’Antologia di poesie
popolari anonime in dialetto rionerese; Integrazioni ed aggiunte al Dizionario
del dialetto rionerese (2005), Il
culto della Madonna del Carmine e la sua Confraternita a Rionero in Vulture
(2005), La Regione del Vulture. Documenti
delle opere storiche di Giustino Fortunato tradotti dal latino (2007), La storia e le chiese di Ripacandida
(2010), Giustino Fortunato Senior. L’uomo
e il politico (2011), con Michele Traficante Corrispondenze di Giustino Fortunato ed Ernesto Fortunato. Lettere
inedite a Vincenzo Granata e Michele Mennella (2008). Inoltre Leo Vitale ha
curato con altri Patrimonio artistico di
Rionero in Vulture (2007) e Giuseppe
Catenacci. L’uomo dal multiforme
ingegno. Scritti di M. Traficante e C. Palestina (2008), Da grancia e carcere a museo del
brigantaggio. Evoluzione di un fabbricato a Rionero in Vulture (2013).
Un’intensa attività culturale, dunque, che
rivela un attento e paziente studioso, un appassionato ricercatore (diremmo
topo d’archivio) e amore profondo per il suo paese di adozione, essendo di
origine calabrese.
Il volume si compone di cinque capitoli: Da
Rivonigro ad Aronigro a Rionero, Le chiese, Gli Istituti religiosi, Le
Confraternite, I Sacerdoti a Rionero, Le feste religiose. Chiude con
un’appendice di preghiere e canti alla Madonna del Carmine.
Il libro, come scrive nella Presentazione l’arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni,
mons. Rocco Talucci, “è destinato a far conoscere la storia religiosa della
città di Rionero, che si esprime nelle sue chiese, nelle sue confraternite,
nelle sue feste, attraverso la testimonianza dei tanti sacerdoti del luogo, i
quali …restano i testimoni della
fede e della devozione e molto spesso gli educatori del popolo cristiano”.
Si tratta di un lavoro di notevole spessore
storico culturale che ha certamente impegnato Leo Vitale in mesi, se non anni
di meticolose ricerche in archivi ecclesiastici nazionali, diocesani e
parrocchiali, oltre a consultare un gran numero di testi. La nutrita
bibliografia riportata ne è una prova evidente. Infatti, l’autore oltre a
tracciare la storia documentata delle varie chiese parrocchiali e non, comprese
alcune campestri, anche di quelle non
più esistenti, di Rionero ne descrive anche la struttura architettonica e il
patrimonio artistico in esse contenuto, in particolare le tele di autori di
scuola pugliese e napoletana dei secoli XVII e XVIII, recentemente restaurate
dalla Soprintendenza alle Belle Arti di Matera, nella chiesa di Sant’Antonio
abate, in custodia diligente della Confraternita “Maria SS. del Carmelo”. Lo stesso dicasi delle confraternite sia presenti
e sia non più esistenti con le loro articolazioni e strutture statutarie.
Altra chicca interessante del lavoro di Leo
Vitale è l’elenco, in ordine alfabetico, di tutti i sacerdoti che hanno operato
a Rionero dal XVIII secolo ad oggi (oltre duecento), dal quale si viene a
sapere che quasi tutte le famiglie rioneresi hanno avuto almeno un esponente
del clero locale, i quali “hanno contribuito a costruire un’identità cristiana
del popolo rionerese”. Senza contare le famiglie più importanti e facoltose (i
De Martinis, i Granata, i Fortunato, i Catena, i Giannattasio, i Pierro, i
D’Andrea con 12 sacerdoti, i Rigillo con nove sacerdoti, i Fusco con sette,
ecc.) che approdate ai piedi del Vulture nel XVIII secolo, hanno pure in
maniera determinante contribuito alla costruzione delle chiese locali,
acquisendo patronato e diritto di sepoltura. Si tratta di famiglie non più
presenti a Rionero, di cui restano i palazzi gentilizi, ormai abbandonati ed
alcuni in grave stato di degrado.
Un altro capitolo interessante del lavoro di
Leo Vitale riguarda la religiosità popolare dei rioneresi che nel tempo si è
manifestata in varie forme devozionali verso la Madonna e i Santi. Alla
formazione e allo sviluppo della religiosità popolare contribuirono i
pellegrinaggi ai santuari, l’esistenza di numerosi cenobi, di anacoreti e il
culto unito al fanatismo religioso. Scandite nei vari periodi dell’anno le
“Feste Religiose “a Rionero hanno quasi sempre conservato forti sentimenti di
pietà popolare” e partecipate forme di culto verso la Madonna del Carmine, santa
Lucia, sant’Antonio abate e da Padova, san Marco, san Giuseppe, san Michele
Arcangelo. Non raramente, specie nel mondo contadino e non solo, si faceva
ricorso al magico e alla superstizione (maghi e fattucchiere). Ricorrere alla
magia era una necessità nella precarietà della vita quotidiana, minacciata da
epidemie, carestie, terremoti e calamità varie. Rappresentava ”una potente richiesta di protezione
psicologica dalle malattie organica e
nei momenti critici dell’esistenza”; ciò in stretta relazione con il sentimento
religioso che restava fortissimo. Spesso
anche invocando i Santi e, soprattutto, la Santissima Trinità. Sicché Giovanni
Bronzini affermava che “i santi sono i fattucchieri del cielo come i fattucchieri
sono i santi della terra”.
Ancora oggi la religiosità dei rioneresi è
sentita e ancorata ad espressioni di culto tramandate dalla tradizione.
Pertanto non sempre sono gradite certe iniziative di alcuni sacerdoti quando
vogliono imporre il nuovo e forzare i cambiamenti nei riti e nelle sacre
celebrazioni. “Eppure la tradizione ci sfida. La sua alterità e la sua
lontananza ricordano i codici culturali forniti dalla religione, codici che per
secoli hanno qui modellato un diffuso modo di sentire e di agire. Hanno
generato segni utili a intrecciarsi con i moti dell’anima. Hanno insegnato la
saggezza del vivere quotidiano
che motivava le loro ore” (Angelo Lucano Larotonda, Feste Lucane. Cronologia di una Identità, Edigrafica Edizioni,
Policoro 2014, pag. 243.)
Insomma se si avverte l’esigenza di
abbandonare comportamenti religiosi che rasentavano l’idolatria e la
superstizione, sarebbe opportuno avere un certo rispetto per quelle forme di
culto radicate nel popolo rionerese che hanno accompagnato nel tempo tante
generazioni nel rapporto con “il Sacro”.
“L’intento generale del libro – afferma Leo
Vitale – è di dare un contributo alla conoscenza del sentimento religioso dei
rioneresi e dello status urbanistico ecclesiale, considerati nel loro sviluppo
storico”.
Questo pregevole lavoro di Leo Vitale, come
scrive don Ciro Guerra, cancelliere della Diocesi di Melfi, Rapolla e Venosa,
per ”la preziosa memoria dei luoghi, eventi e persone che promana dallo stile
fluido del testo, è diretto principalmente alle nuove generazioni, solo
apparentemente distaccate dalle radici, che rivendicano, tuttavia, intimamente
la necessità di una chiara identità da vivere e trasmettere”.
Va a particolare merito di Leo Vitale questo prezioso dono storico culturale,
peraltro stampato in proprio, di cui la comunità rionerese gli sarà sempre
grata. Ecco perché, come ci sollecita don Pasqualino Di Giacomo, “Tocca a noi,
ora prendere tra le mani il frutto del suo impegno e farne tesoro per noi e per
le nuove generazioni che tanto possono e devono attingere da tali sorgenti di
acqua limpida, ancora più preziosa delle nostre pur pregevoli acque minerali
proprie delle terre vulcaniche come la nostra”.
Facciamo nostro e l’invito e la sollecitazione del caro arciprete
emerito don Pasqualino Di Giacomo.
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