Una cucina che “scalda il cuore” (degli ospiti). Adesso scaldi il cuore degli imprenditori, chef ed addetti alla ristorazione


Una cucina che “scalda il cuore”. E’ forse il migliore riconoscimento che la cucina lucana abbia ottenuto alla “Scala” della cucina, a Milano, in occasione della terza edizione di “Cibo a Regola d'Arte”, organizzato dal Corriere della Sera e dalla Cucina del Corriere, alla scoperta di una sapienza antica fatta di produttori, territori, materie prime.  


A sottolinearlo è il Centro Studi Turistici Thalia che aggiunge: dopo le “sei giornate di Milano non stop” con autori, artisti, giornalisti e grandi cuochi in cui la Basilicata è stata protagonista con l’Apt e l’Unione Cuochi Lucani per promuovere il food e il territorio come nuove motivazioni al viaggio, è evidente che l’offerta della ristorazione da noi non può essere la stessa di prima. Gli Chef Vito Amato e Loredana Diasio insieme all’intera èquipe dell’Unione Cuochi Lucani hanno stregato, emozionato e colpito alla gola con  Mousse di ricotta con fragole e petali di lucanica al cioccolata extra fondente,  Fusilli lucani con funghi cardoncelli, lucanica e pomodorini con mollica croccante al peperone crusco, Sformatino di pecorino su passata di ceci al rosmarino e croccante di lucanica stagionata, Filetto di suino nero lucano laccato al ficotto con farcia alle mele, fichi secchi e mandorla con cremoso di patate al limone e rape saltate. E’ stata l’occasione formidabile ed abilmente sfruttata per presentare una Basilicata “unica” anche a tavola: con prodotti che legano la storia della gastronomia lucana a una visione di qualità e originalità che l’estro e l’esperienza dei cuochi potrà dare. 


Il tema centrale dell’Expo2015 -il cibo declinato nella sua sostenibilità ed eccellenze – afferma il segretario del C.S. Thalia Arturo Giglio - rilancia dunque tra ristoratori , addetti all’ospitalità a tavola, produttori e chef l’impegno a preservare qualità e tipicità  dell’enogastronomia di casa nostra. Ci sono aspettative ed attese soprattutto sul piano dell’imprenditoria e dell’occupazione perché la cucina lucana possa scaldare non solo il cuore degli utenti ma anche il cuore di titolari-ristoratori, chef ed addetti alla ristorazione. Questo significa che il successo alla “Scala della cucina” deve trasformarsi in più posti di lavoro stabili, qualificati e quindi più soddisfazione per i nostri giovani.
Il Thalia evidenzia che in Basilicata il settore della ristorazione è in crescita: circa 2.600 attività commerciali al 2014, tra ristoranti, locali d’asporto, ambulanti, gelaterie, pasticcerie e bar, in aumento tra 2009 e 2014 del 5,5%. I dati di fonte Camera di Commercio di Monza-Brianza che ha effettuato un monitoraggio sull'intero territorio nazionale – riferisce il C.S. – in dettaglio vedono nella provincia di Matera con 919 attività (296 ristoranti veri e propri, 441 bar e 85 pasticcerie, 88 esercizi con cibo da asporto 9 ambulanti ) un incremento del 10,7% in cinque anni contro un incremento del 3,3% in provincia di Potenza con 1.696 attività complessive (483 ristoranti e 951 bar, 127 pasticcerie, 120 con cibo da asporto e 15 ambulanti). È vero che il saldo complessivamente è negativo perché si chiudono più ristoranti e bar di quanti se ne aprano ma le porti girevoli della grande crisi stanno portando con sé un ampio ricambio generazionale. L'interrogativo riguarda il tasso di sopravvivenza dl queste nuove attività.


Le associazioni non hanno dati certi, sanno che nel giro di due anni chiude il 27% dei nuovi esercizi e che questa percentuale sta salendo — a vista d'occhio — nel caso degli under 35. Tradotto: una su quattro è una scommessa fallita. A incidere sarebbero la sottovalutazione dei costi fissi e la mancanza di reali competenze. Uno scivolone che rischia di costare caro: le banche non concedono finanziamenti e i soldi necessari per la start up vengono sborsati dai genitori o dai nonni dei giovani imprenditori.
Le cifre sarebbero così stimate: 125mila euro per un ristorante di 150 mq da circa 100 posti; 56 mila euro per un barda 80 mq. E le cifre non comprendono le spese di esercizio, quali affitto e personale.
E con l’arrivo della stagione estiva ristorazione, turismo, settore alberghiero, sono i settori che riescono ad assicurare circa 25mila posti di lavoro stagionali. Il dato è di  Assolavoro (Associazione nazionale delle Agenzie per il Lavoro) ma – avverte il Thalia che ha rielaborato su scala regionale il Rapporto Annuale del Ministero del Lavoro sulle Comunicazioni Obbligatorie – in Basilicata le offerte di lavoro nel settore alberghiero-ristorazione-servizi turistici sono scarse. Già nello scorso anno la variazione percentuale dei rapporti di lavoro attivati in Basilicata nello stesso settore ha registrato un calo del 14,1% rispetto all’anno precedente. Altre caratteristiche sono  la limitata diffusione dell’apprendistato e la precarietà: i lavoratori interessati da almeno un rapporto di lavoro per i servizi alberghiero-ristorazione-turismo raggiungono il 9,2% con un rapporto di lavoro medio attivato per lavoratore pari a 2,2. Questo significa che ad esempio per i camerieri è fortemente diffusa la pratica della chiamata a giornata, in occasione di matrimoni, eventi, fine settimana, o al massimo per le settimane di metà luglio e ferragosto con maggiore utenza. In media – secondo il Thalia – i disoccupati che riescono a trovare lavori stagionali in Basilicata in tre mesi mettono insieme una media di 35 giornate. Decisamente meglio per chi ha professionalità ed esperienza di cucina dove la media può anche raddoppiare. E allora ai nostri ragazzi (come a quelli meno giovani, under 35 anni che puntano, in tanti, sull’opportunità del lavoro stagionale) non resta che il “viaggio della speranza” nella riviera Romagnola o in altre zone turistiche del centro.
Ecco perché – dice Giglio del Thalia - adesso la Regione può e deve fare di più per rendere l’eccellenza lucana a tavola nuova opportunità di lavoro in cucina, in sala, in albergo, finanziando stage formativi, apprendistato (non solo con Garanzia Giovani), scambi  di esperienze tra chef, manifestazioni ed eventi  e non solo sagre locali che al di là dell’incasso della serata non lasciano nulla al territorio ed ancor meno all’imprenditoria che paga le tasse. 

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