Arrivano i Campanacci di San Mauro Forte (Matera)!


La via del tratturo era lenta e desolata. Il cielo all’ orizzonte si univa col mare fatto di fili d’ erba che, con il loro ondeggiare, tenevano il tempo dei campanacci delle greggi. La strada verso un clima più mite sembrava un po’ più breve grazie al batacchiare di quei grossi sonagli misti al muggire delle vacche.

Ricordi della transumanza, la migrazione stagionale delle greggi che percorrevano i tratturi del Sud. Ed è a questa pratica che resta legato un rito particolare di San Mauro Forte vicino Matera, quello dei Campanacci. Una sfilata di carnevale associata, oggi, al culto di Sant’ Antonio Abate protettore degli animali,  che in questo antico borgo medievale, arroccato come un guardiano sulla Valle del Torrente Salandrella sui declivi della Basilicata, diviene una pratica per “sconvolgere” la tranquilla vita di paese grazie a quel rito che invade San Mauro Forte nei suoi vicoli, dall’ antica Torre Normanna fino ai secolari ulivi delle sue campagne.
In passato i campanacci permettevano al pastore di ritrovare e distinguere il proprio animale, oggi il loro “squillare” ha, come tutti i riti carnascialeschi, il compito di allontanare il male, scongiurare la grandine propiziare un’ annata prolifica e rendere la terra feconda. Non a caso i campanacci ci distinguono in “maschi” e “femmine”: più lunghi i primi e con il batacchio che fuoriesce di qualche centimetro dalla bocca della campana, più larghi i secondi.
E così, per auspicare il meglio, tra il 16 e il 17 gennaio San Mauro Forte viene invaso dal fragore delle campane rette dai cittadini sanmauresi che, in abiti tradizionali o con mantelli neri e cappelli di fieno, lentamente si muovono per i vicoli del paese. Uomini, donne o bambini. Discriminazioni di genere non se ne fanno perché il rito appartiene a tutti. La sfilata è formata da vari gruppi e la tradizione vuole che, ognuno di questi, passi per tre volte davanti la chiesa di San Rocco all’ interno della quale è situata la statua di Sant’ Antonio Abate. Il suono dei campanacci non si interrompe mai, fino alla fine della particolare processione, perché non è da considerare solo frastuono, ma una vera e propria preghiera fatta di suoni antichi che  intonano la storia di un’ intera comunità. In tempi passati i pastori facevano i tradizionali tre giri del paese accompagnati da un maiale con al collo una campana; giunti sotto la statua del santo recitavano questa preghiera:
“Sant’ Antonje meje, famm’ sta bbuon’ l’ puork’”
Il buon auspicio era rivolto al maiale e non a caso. Esso rappresentava l’ economia attorno alla quale ruotava l’ intera vita familiare. Così oggi, in ricordo di quella poco lontana vita di paese, il batacchiare quasi ossessivo dei campanacci diventa una prece di buona sorte per tutti.

La parte religiosa e più solenne termina qui. Il rumoroso corteo si sposta poi nelle numerose cantine di San Mauro Forte, quelle antiche scavate nel tufo, per godere, e tanto, di succulenta salsiccia, di un po’ d’ agnello e per annaffiare il tutto con un buon bicchiere di vino. Il ritrovo è simbolo, forse, di quel ritorno alla comunità, al legame col passato, come un ricordo di quei figli partiti per cercare fortuna altrove, ma che ritornano anche per brevi periodi, per riassaporare il gusto del semplice, del genuino, ripercorrere i tratturi fittizi che riportano ai luoghi che ci diedero le radici, per sentire ancora vivi i segni lasciati dal tempo, che nella continuità dei riti antichi non moriranno mai.
Che il Carnevale abbia inizio allora. Lasciatevi trasportare dalla gioia dei Campanacci, nell’ incontro musicale di un maschio e di una femmina e che Sant’ Antonio ce la “suoni” nella giusta chiave di Do.

Daniela Alemanno
(fonte social.i-sud.it)

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