LETTERA APERTA AL PRESIDENTE PITTELLA


Presidente Pittella Le scrivo questa lettera aperta perché, da parlamentare e da cittadino, non posso continuare ad assistere allo scempio che si vuole fare del nostro territorio. Mi riferisco a quanto contenuto in quel drammatico decreto che oramai tutti hanno imparato a conoscere come Sblocca Italia

e che allude, oltre che a un arrogante scippo delle competenze istituzionali, a una ‘petrolizzazione’ senza fine dell’intera Basilicata. Soprattutto sono mosso a scriverLe perché non è accettabile la sordità con cui il governo Renzi - e poi Lei – tratta il dissenso sempre più profondo che emerge dal corpo vivo delle lucane e dei lucani… mi sarei aspettato che Lei, in quella rivoluzione così tante volte annunciata, avesse a cuore almeno la voce preoccupata e a volte disperata di quei giovani che hanno assediato il palazzo in cui Lei è rimasto asserragliato. Le scrivo anche perché sono – come tutte e tutti dovremmo essere – molto preoccupato per la salute pubblica delle lucane e dei lucani… un tema che porto sempre con me, come dimostra un recente carteggio tra il sottoscritto e l’assessora alla sanità della Sua Giunta, perché purtroppo le sue rassicurazioni continuano a stonare con i dati che leggiamo. Come ci ha ricordato ultimamente anche il prof. Agostino Di Ciaula – ricordando a sua volta gli ultimi dati provenienti dall’Istituti Superiore della Sanità – assistiamo, in provincia di Potenza, a un incremento senza sosta delle ospedalizzazioni per tumori maligni in età pediatrica, cui segue, per il biennio 2008-2013 e sempre in Basilicata – fonte INAIL – un aumento di oltre il 50% delle malattie professionali… a ciò va aggiunto l’incremento di aborti spontanei, che vede la nostra regione ai primi posti delle classifiche nazionali e l’aumento delle ospedalizzazioni oncologiche in età adulta. Recentemente Lei, riferendosi alle preoccupazioni delle lucane e dei lucani, ha fatto riferimento a proclami ‘ancestrali’. Ha mai provato a chiedere i dati su quante famiglie vivevano, soprattutto in Val d’Agri, di agricoltura e quante ce ne sono ora, a quasi vent’anni delle prime estrazioni? No, presidente, qui nessuno vuole fare allarmismo. Quello di cui parliamo ha a che fare con i tanti e troppi dubbi che investono la salute delle cittadine e dei cittadini lucani. Ed è nostro compito – di tutte e tutti – fugarli tutti, questi dubbi. Immagina la frustrazione che vive l’intera comunità di fronte alla sordità di un governo nazionale che ha fatto del decisionismo bonapartista e del trasformismo il proprio paradigma? Una comunità che sperava di trovare compensazione in chi governa questa regione, la LORO regione… ma ciò non è accaduto e continua a non accadere, perché la sordità del governo nazionale è la stessa del Suo governo locale. Ci saremmo potuti aspettare che almeno si fosse disposti a difendere la dignità attraverso la difesa di prerogative che, fino ad oggi, erano garantite dalla Costituzione… e su questa strada mi sarei aspettato almeno l’impugnazione del famigerato art.38 davanti alla Corte Costituzionale. Purtroppo registro che nemmeno questo piccolo cavillo di dignità è colto da Lei e dai Suoi sodali. Il mercimonio ha prevalso, così come hanno prevalso le ragioni di una politica tutta ripiegata su se stessa e prona ai desiderata delle lobby energetiche, lasciando ancora una volta al proprio destino il popolo: quelle donne, quegli uomini e quelle giovani generazioni che si fatica ad ascoltare. È così che muoiono democrazia e rappresentanza: beni comuni da difendere con i denti e con le unghie, in un paese civile, e che al contrario le politiche fin qui perseguite hanno provato a trasformare in un peso insopportabile. Qui siamo evidentemente di fronte ad un default che, prima ancora di essere economico e finanziario, è culturale e morale. Un film già visto per chi, come me, viene dal quel mondo del lavoro da cui tutto è cominciato, prima minando i singoli diritti e le singole tutele, poi puntando – con una forte accelerazione negli ultimissimi anni – direttamente allo Statuto dei Lavoratori. Il tentativo era isolare sistematicamente lavoratrici e lavoratori, provando a separare la questione del lavoro dalla più generale questione nazionale, ignorando il fatto che, al contrario, il lavoro e la democrazia nei suoi luoghi sono lo specchio della democrazia e della civiltà di un intero paese. Oggi si fa finta di non sentire l’urlo delle comunità che lottano per la difesa dei territori come ieri si è fatto finta di non udire il grido dei lavoratori, e che nel frattempo trovavano al loro fianco solo una parte del sindacato, per quanto la più rappresentativa. Tutto questo non rimarrà incontrastato. Chi lotta per i propri diritti e per quelli di una intera comunità conserva una forza importante, che è quella dell’unità, che fa sì che lavoratori, disoccupati, studenti e comunità locali si ritrovino insieme con obiettivi comuni, come accaduto nelle manifestazioni di questi giorni. Voglio lasciarLa parafrasando il Dalai Lama che ama ricordare che «il principale scopo nella vita è aiutare gli altri». Sono fermamente convinto che proprio nella crisi che attanaglia oggi l'intera società le parole del Dalai Lama rappresentino un monito forte, interessando direttamente la politica che, se non è strumento a disposizione dei più deboli diventa oligarchia. 

 Sen. Giovanni BAROZZINO Sinistra Ecologia Libertà

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