L’Italia
è uno dei paesi che vanta il maggior numero di biodiversità. Le aree protette
italiane inserite nell’Elenco Ufficiale, sono nel complesso 871 e ricoprono
il 10,5 % del territorio sia terrestre che marino. La percentuale aumenta al 12 % se consideriamo
le aree non ancora formalmente classificate.
La loro distribuzione è molto disomogenea tant’è che le aree montane
ed appenniniche e le regioni del Sud hanno maggiore percentuale di aree
protette rispetto alle zone costiere e collinari. Oltre alle aree istituite
dallo Stato, Regione o Provincia, si affianca, dal 1997, la Rete Natura 2000,
che raccoglie ben 2299 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e 609 Zone di
Protezione Speciale (ZPS) che complessivamente coprono il 21% del territorio
nazionale e la maggior parte ricadono fuori da qualsiasi altra area protetta
preesistente. Poiché l’Italia non
possiede una grande estensione di aree pubbliche, l’insieme delle aree
protette ricade in larga parte su proprietà private ed include porzioni di
territorio rilevanti per le attività produttive ed economiche del paese:
infatti la maggior parte di aziende agricole svolgono attività in comuni
interessati da aree protette.
Le
aree protette costituiscono una componente essenziale per il raggiungimento
di due obbiettivi che coinvolgono il benessere dei cittadini: la
conservazione dell’ambiente e lo sviluppo economico, entrambi fondamentali
per una nuova idea di futuro sostenibile. A volte, i due obbiettivi sono
stati posti in contrapposizione e molti credono che siano inconciliabili tra
loro: ovviamente non è così, è il contrario, ma ciò può essere reale e
concreto solo se vengono effettuate delle rimodulazioni di alcune delle
attuali politiche sia di conservazione che di sviluppo economico.
Nell’attuale periodo storico, rappresentano uno degli strumenti
irrinunciabili delle politiche di conservazione della natura, di fatto non
sono altro che una forma di regolamentazione dell’uso delle risorse naturali.
Nascono con lo scopo di conservare la natura, o meglio la biodiversità: un
valore che non è fisso nel tempo ma in continua evoluzione che va al di là
della rigidità stabilite dalle normative vigenti. Infatti le aree protette
hanno di rado la flessibilità normativa e strumentale necessaria ad
assecondare e gestire l’evoluzione della biodiversità. Davanti all’ evidente
necessità di contrastare un processo di costante degrado degli ambienti
naturali, il mondo industrializzato ha inventato le aree protette come
strumento per rallentare la perdita della biodiversità. Contribuiscono nel
loro insieme alla conservazione di tutti gli aspetti della natura. Oltre ad
essere uno scrigno di valori da chiudere al sicuro, fungono da guida per
nuove forme di gestione del territorio, di sperimentazioni di soluzioni di
sostenibilità, di centro di diffusione di buone pratiche. Non si può pensare
ad uno sviluppo economico inteso solo come crescita illimitata del reddito di
una comunità, ma al contrario, il futuro sostenibile deve passare
inevitabilmente per il compromesso tra appropriazione e rispetto delle
risorse naturali da parte dell’uomo. Non c ‘è futuro senza la conservazione
della biodiversità, dentro e fuori le aree protette, e non c’è futuro senza
il benessere psico-fisico delle popolazioni. È per questi motivi che il
compromesso tra entrambi i fronti è il punto di partenza per una nuova
politica sostenibile. (Legambiente Basilicata)
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